di Paolo Primi

 

Politica è l’esibizione di una medialità, il render visibile un mezzo come tale.

G. Agamben, Mezzi senza fine. Note sulla politica

Autore tanto influente nei circoli letterari espressionisti degli anni ’20 quanto negletto dalla critica letteraria e filosofica successiva, Salomo Friedlaender (1871-1946) è noto principalmente per una lunga e diversificata serie di racconti grotteschi apparsi su riviste e periodici dell’epoca con lo pseudonimo Mynona (per inversione del termine tedesco anonym: anonimo) e per la sua attività artistico-letteraria nell’ambito dei caffè e dei cabaret berlinesi – centrali dell’attivismo politico e dello sperimentalismo artistico della controcultura guglielmina e weimariana. Tra le amicizie intellettuali dell’epoca emergono, da uno schizzo autobiografico composto durante l’esilio parigino, figure di scrittori e artisti come Paul Scheerbart e Alfred Kubin, Ernst Barlach e Otto Flake, Carl Einstein e Erich Mühsam, Kurt Hiller e Ludwig Rubiner, Gustav Landauer e Martin Buber.

In parallelo alla complessa effettuazione letteraria delle principali tematiche nietzscheane in una miriade di racconti satirici, nel 1911 Friedlaender scrive una «biografia intellettuale» di Nietzsche particolarmente apprezzata da Simmel, il quale ne incoraggia e promuove attivamente la pubblicazione presso l’editore Göschen (Friedrich Nietzsche. Eine intellektuale Biographie, 1911). Inserito dalla critica tra le ricerche più influenti nell’ambito della letteratura nietzscheana d’inizio secolo, insieme a quelle di Alois Riehl (Friedrich NietzscheDer Künstler und Denker, 1897),  Georg Simmel (Schopenhauer und Nietzsche, 1907) e Ernst Bertram (Nietzsche. Versuch einer Mythologie, 1918), il libro di Friedlaender è sicuramente uno dei documenti più significativi di una contro-storia della ricezione di Nietzsche in Germania. L’influsso della monografia nell’ambito della scena espressionista e dadaista berlinese è stato più volte segnalato dalla critica ed è documentabile a partire dalla pubblicazione di stralci, commenti e recensioni su Die Aktion, di cui fu un collaboratore fisso e che gli dedicò nel 1913 un fascicolo speciale, e su Der Sturm su cui apparve una prestampa del testo.

Edito appena sette anni dopo ma terminato già nel 1914, Indifferenza creatrice* (1918) fu certamente uno dei testi più letti e discussi nei movimenti espressionista e dadaista tedeschi e, oltre a porsi come intransigente manifesto nietzscheano, resta un documento di straordinario interesse per una genealogia del ‘transindividuale’ nel Novecento e del suo punto di gravitazione etico-politico: il “neutrum et commune”.

Formula esplicitamente ripresa in psicoterapia gestaltica dal neuropsichiatra berlinese Friedrich Salomon Perls e rimodulata nella nozione di “vuoto fertile”, indifferenza creatrice allude ad una zona d’indiscernibilità, a un grado zero dell’essere, che il filosofo espressionista elabora a partire da un articolato confronto con la nozione goethiana di polarità – nodo epistemologico cruciale del programma culturale della modernità.

Friedlaender allestisce in quest’opera una drammaturgia dell’individuazione intesa come principio d’innovazione e soglia d’indifferenziazione tra soggetto e oggetto, personale e impersonale, identificando la posta in gioco del pensiero in un radicale experimentum medietatis. Indifferenza creatrice rientra così immediatamente tra i materiali per una possibile storia del nichilismo centrata sulla cupiditas experiendae medietatis suae – sulla falsariga dell’influente citazione dal De trinitate (Lib. XII, c. 11) impiegata da Walter Rehm in un noto studio del 1947 su Jean Paul e Dostoevskij (W. Rehm, Experimentum medietatis, 1947).

Allo stesso tempo, però, il testo si presenta come un eccentrico trattato sul metodo volto alla definizione di una logica della “purezza mediale” (mediale Reinheit) o della medialità pura.

Poco noto, in merito, risulta l’interesse di Walter Benjamin per Friedlaender/Mynona, presente non solo tra le letture preparatorie al giovanile studio sulla violenza, ma soprattutto nella persistente ripresa della formula tecnica “indifferenza creatrice”. Quest’espressione ricorre negli scritti giovanili e della maturità a indicare la struttura irriducibilmente polare dell’essere politico-linguistico e, allo stesso tempo, una modalità critico-politica destituente (de-positivizzante, non-tetica) installata nel luogo medio della macchina dialettica e finalizzata a sospenderne la logica dicotomica. Indifferenza creatrice è qui l’operazione che mette in tensione termini opposti senza risolverne/annullarne la contraddizione, limitandosi piuttosto ad esporne l’oscillazione bipolare.

Proprio come nella nozione benjaminiana di “immagine dialettica”, con cui non è difficile intravedere una complessa risonanza, la formula sembra guardare all’essere come a un campo di forza attraversato da tensioni polari nel quale ciascun polo, osservato dal punto medio del plesso oppositivo, risulta già sempre destabilizzato nella propria consistenza e nel proprio ormeggio ontologico.

Nella traccia di un’operazione che propriamente svuota e disattiva, la “politica dell’indifferenza creatrice”** adombrata nel testo di Friedlaender potrebbe risultare una promettente articolazione di quel pensiero negativo da cui il modernismo classico attingeva i suoi dispositivi estetici più innovativi. In quanto “dialettica in stallo”, inoltre, la formula si prolunga attualmente nelle semantiche dell’impersonale e dell’ambivalente, nella cartografia di soglie e zone d’indiscernibilità***, e nell’intermittente potenziale affermativo di una negazione non-dialettica.

 

Note e Bibliografia

Rehm, Experimentum medietatis. Studien zur Geistes – und Literaturgeschichte des 19. Jahrhunderts, Verlag Hermann Rinn, München 1947.

Disponibile in una recente edizione curata da Detlef Thiel e Hartmut Geerken, Schöpferische Indiferenz è strutturato in tre sezioni in cui il medesimo nucleo teoretico è declinato secondo tre sincopati esercizi di stile filosofico (“[…] unterziehe sich der Leser der Monotonie der Variation […]”, “si sottometta il lettore alla monotonia della variazione”): I) 3 trattati (Abhandlungen), pp. 93-257; II) 14 schizzi (Skizzen), pp. 259-417; III) aforismi (Aphorismen), pp. 419-571.

** Sul tema della “Politica dell’indifferenza creatrice” in Benjamin: Brendan Moran: Politics of Creative Indifference, Philosophy Today 55, Nr. 3 (autumn 2011), 307-322.

*** Sviluppando il nucleo teoretico della formula, per come è stata utilizzata da Benjamin e Aby Warburg, Giorgio Agamben si è servito della nozione di “indifferenza creatrice” come una sorta di terminus technicus nelle sue ricerche filosofiche: “(…) la politica potrebbe essere nient’altro che l’esposizione dell’assenza di opera dell’uomo e quasi della sua indifferenza creatrice a ogni compito e solo in questo senso restare integralmente assegnata alla felicità – ecco quanto, attraverso e al di là del dominio planetario dell’oikonomia della nuda vita, costituisce il tema della politica che viene”. (Agamben, Mezzi senza fine. Note sulla politica , Bollati Boringhieri, Torino 1996, p. 109